Chi sono io?

Mi chiamo Fulvio e sono cittadino di Roppolo da soli 7 anni. Insieme a mia moglie Simonetta, abbiamo scelto di trasferirci in questo paese perché ci aveva colpito il territorio della Serra d’Ivrea, ed abbiamo pensato che sarebbe stato il posto ideale per trascorrere i nostri anni da pensionati, dopo una vita passata a Torino ed in giro per mondo.
Io sono nato a Torino ma di origini monferrine, ed ho nel sangue l’amore per i piccoli paesi immersi nella natura, passione che amiamo coniugare con le comodità della vita moderna e la possibilità di mantenere un legame con la città ed i vecchi amici senza percorrere distanze proibitive.
Questa zona del Piemonte presenta proprio queste caratteristiche: ambiente naturale, vicinanza alle città, e disponibilità di vie di transito e mezzi pubblici di ogni tipo. Le nostre aspettative in questo senso si sono realizzate completamente. Abbiamo apprezzato la sentieristica, la posizione climatica, i servizi disponibili ad Ivrea, Biella e Vercelli. La stazione di Santhià ottimamente servita ci permette di raggiungere Torino e Milano rapidamente e senza dovere ricorrere all’auto. Il vino è buono ed il lago è splendido anche in inverno: i suoi tramonti sono insuperabili.
Tutto perfetto allora? Quasi .. ma ne parleremo in seguito, altrimenti mi dicono che sono polemico.

Appena insediati a Roppolo, ci siamo guardati intorno, cercando ogni possibilità per conoscere, oltre al paese, anche i suoi abitanti, per impegnare in modo proficuo il tempo libero che la pensione regalava prima a me e poi anche a Simonetta, e magari per portare il nostro piccolo contributo alla vita sociale del piccolo borgo. Io mi sono timidamente impegnato nell’amministrazione comunale, ed insieme ad altri volontari, abbiamo riaperto la biblioteca civica. Simonetta ha una notevole capacità organizzativa, avendo sempre lavorato nella gestione tecnico commerciale di grandi progetti informatici, ed io ho una discreta conoscenza sia tecnica che organizzativa nella conduzione di progetti complessi a valenza tecnologica. Questo ci ha aiutati a superare la prima grande difficoltà incontrata durante la nostra “integrazione” a Roppolo: l’assoluta mancanza di ogni infrastruttura comunicativa moderna. La mancanza di collegamenti telefonici ed Internet ci ha obbligati per quasi due anni a continui spostamenti per raggiungere zone coperte ove svolgere con minore difficoltà le nostre attività quotidiane. E’ problema comune in molte località decentrate, vero. Ma ciò che trovammo qui era una completa accettazione quasi fatalistica dello stato dell’arte, come se non si potesse fare nulla per risolvere il problema. Presto ci accorgemmo che questo fatalismo, sovente imputato come tipico di zone poste a latitudini minori, pervadeva il paese non soltanto in relazione allo sviluppo tecnologico, ma in ogni area critica abbiamo notato un immobilismo generalizzato, non solo da parte della amministrazione pubblica, i cui problemi economici e finanziari, comuni a tutte le piccole amministrazioni, sono noti a tutti, ma anche da parte di privati e di alcuni abitanti che gestiscono imprese o esercizi. Comunque Internet siamo riusciti a portarlo almeno in parte del paese, non senza fatica, e per la telefonia ci ho provato, ma mi sono mancate le forze di lottare contro persone e metodi di lavoro che non avrebbero portato a nulla se non a perdite di tempo e di denaro. Trent’anni fa avrei lottato molto di più. Ma un pensionato ha diritto a perdere un po’ di colpi …

Che fare in futuro, almeno per migliorare la “qualità della vita” in questo magnifico paesello? Come detto, nelle mie vene scorre il sangue estratto dai mei avi con tanta fatica dalle “Colline magre”, quindi in me c’é un po’ di quella testardaggine silenziosa dei monerrini. E mia moglie è di origine toscana … Ecco perché dopo tanti anni, ancora proviamo ad organizzare piccoli eventi in biblioteca, spingiamo le persone a trovarsi, organizzarsi, lavorare insieme per uno scopo comune. Speriamo ancora di dare il nostro piccolo aiuto per fare uscire Roppolo da una bolla di vetro dove tutti si lamentano di essere rinchiusi, fermandosi però alla polemica sui social media, poi nessuno esce in piazza a scambiare quattro parole con il compaesano che non conosce, nessuno partecipa a qualsivoglia attività organizzata da una persona di cui non si sappia vita, morte e miracoli, nessuno propone nulla per non sentirsi in dovere di portarlo avanti, o nel timore di essere criticato da altri. Questa posizione è l’inizio della fine per una qualsiasi comunità che oggi deve già affrontare molti problemi oggettivi.
Io non posso fare a meno di paragonare questo paese di 800 abitanti con il mio paesello di origine, che sta in bilico su un bricco circondato da boschi abbandonati, senza un negozio o una strada provinciale che ci arrivi, ma dove i 300 abitanti sono sempre pronti, sindaco in testa, ad imbarcarsi nelle iniziative più fantascientifiche ed ambiziose, forti solo della loro socialità e dalla coscienza di essere un gruppo di persone con un obiettivo comune. Ci sono anche là immigrati da ogni paese, ma sono integrati e la loro diversità porta idee nuove, oltre che la forza fisica che i più anziani non possono più avere. Ed ogni attività finisce quasi sempre con un successo, da festeggiare in piazza con abbondanti libagioni organizzate dalla pro loco e musiche che mescolano senza problemi la “curenta” monferrina con il liscio, la musica classica ed il rock.
Forza, Roppolesi, ce la possiamo fare anche noi. I soldi sono pochi dappertutto, ma a volte sono solo un alibi.