Magnifico punto panoramico sul lago di Viverone. Da visitare al tramonto, rispettando il territorio, poiché il sito è proprietà privata della Azienda Agricola Pozzo, che cura i vigneti ed il Belvedere, lasciando libero l’accesso ai visitatori, purché non causino danni. Ecco il riassunto fatto da Elisa Pozzo delle prime fasi del progetto:
Come promesso qualche tempo fa, vi vogliamo raccontare, pezzo per pezzo, il recupero di questa collina, un tempo vitata, poi diventata bosco e rovi, che ora sta pian piano riprendendo una sua funzione pratica ed estetica. Qui correva l’anno 2011, quando, recuperando i vecchi muretti a secco di pietra, il papà Pino decise di donare all’ultimo tratto la forma di anfiteatro, per sedersi sui gradoni e ammirare lo spettacolo del paesaggio. Il palo giallo al centro non è, come molti credono, un tubo del gas metano, ma semplicemente il centro del semicerchio di pietre, la direzione da cui prendere le misure per la costruzione. Un indaffarato Iliesi Dorel (il Doro) si affaccenda nella disposizione manuale delle pietre, sia quelle più piccole poste alla base, sia quelle grandi che, anche esteticamente, compongono l’anfiteatro. Oltre al Doro, arrivò anche Gilberto Raviglione che insieme al papà Pino hanno passato un’estate a posare con arte le pietre, sotto il sole cocente e l’afa, quando la canicola che sale fa tremolare le immagini all’orizzonte. Quando la polvere che si alza dalla terra secca si appiccica alla pelle sudata. Quando una presenza fissa è il borsone frigo per l’acqua. Perchè allora lavorare in estate e non in inverno? Perchè le giornate sono più lunghe e quindi sono maggiori le ore di luce, perchè il tempo è bello, mentre d’inverno magari piove o la terra gela.
Una grande fatica, ma anche un’enorme soddisfazione. Adesso su quei pianini sorretti dai muretti a secco abbiamo piantato una nuova vigna, ma questa è un’altra storia!
Terza puntata della collina dell’anfiteatro. Diciamo sempre che il papà Pino “ha la malattia delle pietre”. Ma da dove arrivano tutte queste pietre? Ci troviamo sulla parte finale della collina della Serra, la più lunga d’Europa, con i suoi 20 km di rilievo dritto all’orizzonte. Essa si è formata con l’avanzare del ghiacciaio baltico nel Pleistocene. In seguito al suo successivo ritiro per scioglimento, sono rimasti nel terreno detriti superficiali e profondi di vario tipo e dimensioni, soprattutto pietre, da piccoli ciottoli a sassi di ogni dimensione, fino ai grossi massi erratici che si trovano sulle colline. I muretti a secco sono costruiti proprio con queste pietre derivanti dal sottosuolo. Ogni tanto capita durante la sistemazione dei terreni di imbattersi in grossi massi difficili da spostare e maneggiare. Si possono in qualche modo “spaccare o rompere”?
Ehm.. sì ad esempio con piccole cariche esplosive, un misto tra sapienza e gioco, sempre in sicurezza, fanno sì che i massi vengano divisi e maneggiati più facilmente. E’ un’arte anche questa, osservare la venatura e capire dove posizionare l’occorrente perchè la pietra si crepi al punto giusto.